LA VILLA DEL GLICINE

LA VILLA DEL GLICINE

Da bambina m’incantavano
le ville dello Stradone,
immense ai miei occhi,
simbolo di quegli agi e ricchezze
che io non avevo.
Una, il mio sogno,
avrei guardato per ore:
la “villa del glicine” la chiamavo
e sognavo giochi
nei giardini spaziosi
dominati da giganti frondosi,
ombrosi e silenti guardiani
che spiavo da dietro
le sbarre dell’imponente cancello
o da qualche pertugio
della recinzione, col viso ficcato
tra cascate di glicini
e odorosi caprifogli.
Mi immaginavo donna,
padrona di quella villa
recintata da nodosi rami
appena visibili
tra foglie e infiorescenze,
fresche cascate violacee,
intense di colore e di aroma.
Nella mente camminavo
per stanze immense
ritrovando la pace
e il silenzio a cui ambivo,
sola con me stessa.
Ora il glicine non c’è più
e la villa rinnovata, elegante
come una signora alla moda
vive la velocità
dei tempi moderni,
defraudata del sentore dei suoi fiori
e degli alberi più alti
che hanno lasciato il posto alle auto.
Non ci sono più
ricche signore, maggiordomi,
ma efficienti segretarie
in lindi e moderni uffici,
pronte ad occuparsi
di affaccendati e frettolosi clienti;
né si sentono più i canti degli uccelli
nascosti tra le vecchie fronde,
ma freddi suoni elettronici
di cellulari e computer.
Non è più la mia villa
e io non sono più una bimba:
lei ha perso il suo fascino,
io non ho perso i miei sogni.

grande finale, non facile, a sorpresa . Complimenti